Quei Bravi Ragazzi, ovvero l'era dei dinosauri contenti

trans verona, sindac!!

« Older   Newer »
  Share  
whipping boy
view post Posted on 25/5/2007, 14:50




Verona, una sfidante trans e i candidati del Family day
«Cambiare si può» è lo slogan di Laurella Arietti, nata Lodovico. La sua storia di operaia e militante contro l'Ulivo e il centrodestra che riscoprono «valori» e «famiglia»
Stella Federici
Verona


Laurella Arietti, nata Lodovico, è la prima donna transessuale che corre per la poltrona di sindaco in Italia. Il nome della sua lista, «Verona cambiare si può», è già un programma. I candidati e le candidate - è la lista con la maggior percentuale di donne, il 60% - sono attivisti e simpatizzanti dei movimenti glbt, pacifisti, antifascisti, antirazzisti.
Mentre il sindaco uscente Paolo Zanotto, che si ricandida per le amministrative del 27-28 maggio prossimi con il sostegno dell'Ulivo (e senza Prc), sfila al Family day con il candidato del centrodestra, il leghista Flavio Tosi, la Laurella tiene un comizio sotto il municipio scaligero con la sua lista, il coordinamento nazionale trans e il movimento «Facciamo breccia». Attacca i diktat della chiesa, che è «contro le persone» e il consiglio comunale uscente, «che in cinque anni non è riuscito a cancellare le vergognose mozioni omofobe approvate nel 1995 dall' amministrazione di centrodestra».
Lei, la Laurella, di cattolicesimo se ne intende: «I miei primi ricordi - racconta - riguardano la parrocchia. I miei erano molto bigotti, in famiglia c'era un'incredibile repressione sessuale. Quando avevo undici anni mio padre mi scoperse mentre mi masturbavo in bagno. Fu terribile, mi spaventò con ogni sorta di profezie. Avevo già scoperto di sentirmi femminile ma ero intrisa di cultura cattolica e quindi lo nascondevo. Durante l'adolescenza sperai spesso di morire perché non sapevo come prendere questa situazione da 'peccatrice'. A dodici anni mi travestivo con gli abiti di mia mamma, che era una persona rigida e poco affettuosa, non accennò mai ai suoi cassetti sottosopra».
Formidabili quegli anni
E' il 1965, Lodovico ha quindici anni, frequenta la ragioneria ma l'incontro fondamentale è con le opere di don Milani, il prete di Barbiana: «Il clima - ricorda Laurella - era una cappa di piombo cattolico-borghese ma tirava già aria di '68, conobbi i primi compagni, erano del Psiup. Erano anni meravigliosi. La critica della famiglia, della società, dell'economia, della chiesa. Don Milani fu alla base delle nostre scelte di sinistra, lui è stato un vero rivoluzionario». La Laurella diventa un fiume in piena: «Invece di andare a scuola - ricorda - scappavo a Milano, andavo alle manifestazioni. Partii militare prima di aver finito la scuola. In caserma partecipavo ai volantinaggi della Loc. Ho fatto più giorni di punizione che giorni normali ma cominciavo a fare una ricerca seria, sia personale che sociale. Dopo il servizio militare finii nella comunità di Carlo Carretto e compresi che la chiesa sarebbe stata una delle fonti della mia sofferenza e che avrei dovuto combatterla. Approdai così in una comunità in Toscana, erano comunità anarchiche dove già nel '73 si praticava il biologico. Poi alla comunità valdese di Pinerolo e infine in Francia, alla comunità dell'Arca di Lanza del Vasto, pacifista gandhiano. Io simpatizzavo con Lotta Continua e quello mi sembrava un ghetto culturale. Mi avvicinai ai Radicali - era il tempo del referendum sul divorzio - ma nel frattempo ero stato assunto alle fonderie Sime (caldaie). Cominciò il secondo periodo della mia vita, con le battaglie politiche e sindacali. Mi iscrissi al Pci».
Gioie e lutti
Lodovico rimane iscritto al Pci dal 1978 al 1991, quando si iscrive a Rifondazione, che lascerà nel 1999. Nel 1980 si è sposato con Pia, un'ex attivista dell'Azione cattolica, insegnante di ragioneria, impegnata nel settore dell'handicap e vicina alle istanze delle donne. E' il secondo fatale incontro della vita di Lodovico: «Era una grande compagna - dice - che aveva subito il manicomio e l'elettroshock. Con lei iniziammo i gruppi di attività terapeutica popolare, un'idea di Antonietta Bernardoni, collaboratrice di Basaglia. Contestavamo la psicanalisi e facevamo un'analisi marxista della malattia mentale e della conflittualità che se ne genera. I conflitti di classe come i conflitti tra le persone, affrontati in assemblee popolari dove si parlava delle proprie esperienze. Ci sposammo in Comune, vivevamo in un paesino, in un piccolo appartamento pagato con il mutuo dei lavoratori. Nel 1986 mi diplomai, dopo due anni di scuola serale, lavorando in fonderia e con un figlio piccolo. Lei seppe della mia identità femminile fin dall'inizio, la sua reazione fu: «Adesso che me l'hai detto il problema è culturale, è mio e non più tuo». Naturalmente avemmo anche delle crisi ma ben risolte. Poco prima di ammalarsi mi disse: «Basta soffrire, diventa quello che sei, tanto io ti voglio bene lo stesso».
La moglie si ammala nel 1995 e muore nel 1996: «Fu un trauma enorme - ricorda Laurella - avevamo condiviso tutte le lotte, tutte le battaglie. Con lei affrontai il più grande blocco della mia vita, il mio rapporto con il cattolicesimo. Le letture politiche, la teologia della liberazione». Laurella si commuove, poi continua: «L'avevo vista diventare una delle persone più sorridenti che abbia mai conosciuto. L'ultima grande lotta fatta insieme fu la cura Di Bella. Il 13 dicembre del '96 lei morì, serenamente, senza dolori. La cura le ha comunque permesso la dignità della morte».
La fabbrica e il sindacato
Impiegato mancato e sindacalista critico, Lodovico-Laurella ha pagato care le sue scelte: «Fui assunta - racconta - con la prospettiva di fare carriera ma al quarto giorno di lavoro mi misi dalla parte degli operai e finii alla catena di montaggio, dove sono rimasto per 27 anni, fino al licenziamento, avvenuto nel 2006. Ero in malattia per una trombosi, riconosciuta invalida civile al 65%. Mi hanno licenziato perché non più 'adibibile' alle mansioni per cui, quasi trent'anni prima, ero stata assunta. Ora sono in causa con l'azienda». Attivista della Fiom dal 1978, delegato dal 1980 al 1995, nel direttivo fino al 1997, è sempre stata critica verso le posizioni dei sindacati confederali: «Discutevo - racconta - l'impostazione del sindacato che calava dall'alto contratti belli e pronti. Nel '92 aderii ad 'Essere sindacato', che metteva in discussione la scarsa democrazia interna, la concertazione, le buone relazioni industriali iniziate nel '77 da Lama, i lavori instabili, poi interinali, la crisi del mondo del lavoro. Formai un Cobas che concorse alle elezioni della Rsu. Io non partecipai, pensavo che la rotazione degli incarichi fosse un fatto positivo. Vincemmo, la Fiom ebbe solo un rappresentante formale, io fui espulsa. Mi chiesero scusa tre anni dopo, mi restituirono la tessera in seguito ad un grave incidente che ebbi sul lavoro. I sindacati confederali mi definirono 'una persona inaffidabile'».
Donne con le gonne
La svolta arriva nel 2001. Lodovico-Laurella vive col figlio ventenne a Bovolone, nella zona veronese del mobile d'arte: «Conobbi Jasmine di Firenze - racconta - separato con due figli. Fu il primo contatto, iniziammo a chattare e scopersi il mondo glbt. Poi nel 2002 il Movimento identità transessuale con Marcella Di Folco e Porpora Marcasciano. Nel 2004, a ridosso della mia definitiva decisione di entrare in sintonia con la mia identità di donna, pensavo spesso al suicidio, mi trascinavo dietro un sacco di traumi. Nel 2005 venni a contatto con i compagni e le compagne del circolo Pink di Verona. Un mondo che non conoscevo, da cui attingo grande forza. Soprattutto grazie a loro sono stata in grado di fare scelte importanti, di raggiungere questa serenità morale, con tanta energia e voglia di vivere. Mi allontanai dal mondo sindacale, entrai nel direttivo del circolo e fondai il gruppo transgender Pink. Nell'autunno del 2006, con il Coordinamento trans nazionale, abbiamo aperto una nuova strada sui diritti di cittadinanza. Quando si è pensato di fare una nostra lista per le amministrative, ho accettato con molta naturalezza la proposta di candidarmi a sindaca, perché vale più il nostro percorso di vita che il programma o gli apparentamenti o i partiti. Viviamo e proponiamo la democrazia diretta così come viviamo l'anticapitalismo e l'antimilitarismo in maniera concreta con il nostro stile di vita. Verona è una città catto-omofoba di destra, girano ancora le squadracce fasciste. Il mio percorso identitario è incastonato in un mondo borghese, di sofferenze allucinanti, di insuccessi, di crisi. La mia fortuna, mentre altri/e come me finivano a prostituirsi o psichiatrizzati, è quella di essere entrata in fabbrica, aver portato avanti le lotte sindacali, il '68, la ricerca. Ce l'ho fatta a livello mentale. Ci ho messo cinquant'anni a lasciare la mia cultura cattolica , adesso sono una donna nella società e nella politica e voglio lottare per mettere al posto del concetto di mercato il concetto di persona».
 
Top
lafolle
view post Posted on 25/5/2007, 14:51




una città avanti!!
 
Top
monty
view post Posted on 28/5/2007, 12:55




cambiare si può
è uno slogan memorabbbilo!
 
Top
Vitorbaia
view post Posted on 29/5/2007, 16:45




505 voti
0,3%
 
Top
3 replies since 25/5/2007, 14:50   1934 views
  Share